Pubblichiamo e riportiamo la lettera scritta anche dal Consiglio nazionale degli architetti al ministro Letta per un piano di messa in sicurezza del Paese
"Egregio presidente,
anche l’autunno 2013 ha drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico, a partire da quanto avvenuto in Sardegna nei giorni scorsi. Un’immensa tragedia per cui purtroppo non ci saranno mai interventi o risorse economiche sufficienti a colmare il vuoto delle vittime e il disagio umano e sociale che ha colpito i cittadini di Olbia e degli altri territori sardi. Prima di quest’ultimo caso però, anche altri fenomeni, sempre purtroppo con vittime, avevano colpito altre regioni come la Toscana, la Liguria, la Puglia e la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, le Marche e l’Umbria. Ma quanti altri territori dovranno essere ancora interessati? Quanto dovremo aspettare perché il dissesto idrogeologico e il rischio connesso con le frane e le alluvioni diventi nel nostro Paese una priorità, la prima vera grande opera pubblica da mettere in campo?
Precipitazioni sempre più intense e frequenti per i cambiamenti climatici in atto, un territorio che ogni anno è reso più vulnerabile dal consumo di suolo, una politica di mitigazione del rischio idrogeologico che continua a basarsi su pochi interventi di somma urgenza invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il territorio, sono le cause del problema. Purtroppo, nonostante i disastri e le tragiche conseguenze di questi fenomeni su tutto il territorio nazionale, si continuano a favorire progetti di occupazione di suoli naturali o agricoli, invece che salvaguardarne la destinazione d’uso. Occorre allora scongiurare interventi normativi che prevedano la costruzione di nuovi milioni di metri cubi di case, uffici, alberghi in aree oggi inedificabili o persino sottoposte a vincolo idrogeologico e archeologico, quali proposte che ancora vengono avanzate in parlamento persino nel dibattito sulla legge di stabilità. Interventi che aggraverebbero ancora di più un rischio che già oggi è estremamente diffuso, riguardando l’82% dei Comuni italiani e oltre 6 milioni di cittadini che ogni giorno vivono o lavorano nelle aree considerate ad alto rischio idrogeologico.
La difesa del suolo e le politiche di prevenzione del rischio sono urgenti, come ricordato anche nelle recenti risoluzioni approvate al Senato e alla Camera - in cui si impegnava il Governo a considerare questo tema una priorità del Paese, in quanto finalizzata a garantire la sicurezza dei cittadini - e dal suo stesso discorso programmatico in cui affermava che “abbiamo un impegno alla prevenzione, con un piano di manutenzione contro il dissesto idrogeologico”.
Alla luce di tutto questo è dunque evidente che quanto previsto dalla legge di stabilità su questo tema sia assolutamente inadeguato. L’articolo 5 infatti prevede come nuovi fondi solo 30 milioni per l’anno 2014, 50 milioni per l’anno 2015 e euro 100 milioni per l’anno 2016 contro il dissesto idrogeologico. Eppure, per l’autotrasporto sono previsti 330 milioni di euro in discussione nella legge di stabilità.
Per questo, in quanto rappresentanti delle principali associazioni ambientaliste e di categoria, dei Consigli nazionali degli ordini professionali del settore, dei Sindaci e del mondo dei tecnici e della ricerca, le scriviamo affinché a partire dalla legge di stabilità, le politiche per la prevenzione e la mitigazione del rischio idrogeologico, diventino la prima grande opera pubblica per l’Italia. A partire da due richieste puntuali:
- la deroga al patto di stabilità per consentire alle amministrazioni locali di mettere in campo gli interventi previsti dai Piani di bacino (PAI - Piani di assetto idrogeologico, ecc.) e dalla pianificazione di settore per la mitigazione del rischio idrogeologico nei loro territori. Azione questa prioritaria e richiamata a gran voce anche in questi giorni. Infatti, le spese di Regioni e Comuni relative alla mitigazione del rischio idrogeologico vanno considerate come veri e propri investimenti, in quanto più efficaci di qualsiasi intervento in emergenza e in grado di prevenire danni per cifre ben superiori a quelle così investite.
- aumentare la somma prevista dall’attuale legge di stabilità (che prevede 180 milioni di euro per i prossimi tre anni) stanziando almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare ad un’azione nazionale di difesa del suolo che rilanci la riqualificazione fluviale, la manutenzione ordinaria e la tutela del territorio come elementi strategici delle politiche di prevenzione, abbandonando la logica del ricorso a sole opere strutturali e di somma urgenza, coerentemente con gli obiettivi della direttiva comunitaria 2007/60/CE sulla gestione del rischio alluvioni.
Dopo anni di risorse virtuali e di finanziamenti erogati sulla base di schemi emergenziali, occorre oggi una scelta politica forte. Con l'auspicio che Lei voglia rispondere alla nostra sollecitazione e consapevoli che oggi non è più possibile rimandare le azioni necessarie a fermare i disastri e le tragedie che ogni anno si ripetono nel nostro Paese a causa di frane e alluvioni, le porgiamo cordiali saluti".
I presidenti delle seguenti associazioni ambientaliste e di categoria e consigli nazionali degli ordini professionali: Legambiente, Coldiretti, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Consiglio nazionale dei geometri, Inu, Ance, Anbi, WWF, Touring Club Italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo183, Arcicaccia, Alta Scuola, FAI, ItaliaNostra, CTS, Società italiana dei territorialisti, Lipu, Cai, Aiab.
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