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Freedom Room, la cella diventa un modulo abitativo

Come vedere un'idea realizzata, il primo pensiero affiorato alla scoperta di Freedom Room, com'era il sogno di Virginio, stanco di abitare in una casa troppo grande, divenuta come un peso insostenibile. Abitare in una cabina sulla spiaggia, silenziosa e con l'unico suono del mare, corredata da un bagno, un letto e qualche libro. Una similitudine vicina alla filosofia del progetto presentato alla Triennale di Milano, nella manipolazione dello spazio con l'idea comune di abitare con poco. Freedom Room, è il progetto che nasce nel 2009 dalla falegnameria del carcere di massima sicurezza, la Casa Circondariale di Spoleto. Un laboratorio di design nato dalla collaborazione di Aldo Cibic, Tommaso Corà e Marco Tortoioli Ricci, con la cooperativa Comodo che si occupa della formazione dei detenuti dal 2003. Il laboratorio, composto da cinque gruppi di dieci uomini che hanno fatto di necessità virtù, sviluppa la creatività per vivere una cella, un'alternativa personale per un'abitazione su misura. Un progetto che diventa prototipo, un modulo abitativo in legno per rendere lo spazio individuale e personale. Una cella, uno spazio altro, reinventato per contenere tutto il necessario: camera, bagno, studio, palestra, biblioteca e veranda. I millimetri risparmiati e ben progettati acquistano valore, contano per la capacità di contenere un oggetto funzionale a un'azione. La struttura interna costruita in legno è rivestita con materiali ecocompatibili e resine naturali, con la dimensione di 9mq. Pochi metri, una libertà compressa in un modulo che s'inserisce all'interno della struttura carceraria, con la prospettiva futura di occupare anche spazi pubblici e privati destinati a soggiorni per lavoro, per studio e spazi inutilizzati. Un'idea creativa per una destinazione senza esclusioni, un modulo a basso costo, aperto alle dinamiche di mercato: «Il progetto si conclude con la creazione di una start up - commenta Marco Tortoioli Ricci - creata all'interno del carcere di Spoleto, che si pone l'obiettivo di costruire moduli abitativi destinati per molteplici usi. Un'occasione per l'Amministrazione carceraria di rivedere l'architettura delle carceri italiane». Una necessità che prende forma tangibile dal sovraffollamento e dalla condizione per la detenzione in strutture ripetitive, uguali per uomini e donne. La parola freedom, gioca col paradosso del significato, la libertà è intesa come dignità civile, come spazio piccolo che pretende di essere vissuto in proporzione ai bisogni dell’Uomo. L’immaginazione valica le sbarre, e prende forma a dispetto della realtà della detenzione. Nella realtà quotidiana delle carceri, le calze diventano fili per i panni da asciugare, i pacchetti di sigarette assemblati diventano mensole, i coperchi di scatolette utilizzati diventano coltelli, i rotoli di carta igienica incollati utilizzati per farne una libreria. Il design del margine offre la possibiltà della duplice funzione degli oggetti e dello spazio, dettato dal vissuto dei suoi abitanti e ospiti di una struttura. Un progetto del pensiero e per il pensiero, che ambisce essere una visione positiva tra pubblico e privato, il design di Freedom Room acquisisce la piena partecipazione alla società.

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Case di Containers

Provenienza della fotografia shutterstock

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